Intervento della Professoressa Rocca
Trattamento farmacologico dei disturbi comportamentali nelle demenze
Leggi tuttoIntervento della Professoressa Galliano
I diversi scenari di intervento della psicologia dell’emergenza: dalla teoria all’esperienza operativa
Leggi tuttoConservazione analogica per le fatture elettroniche ricevute dai forfetari e dai contribuenti minimi
L’Agenzia delle Entrate, nella giornata di ieri, ha dato risposta alle domande più ricorrenti in materia di fatturazione elettronica formulate dai commercialisti e pervenute al Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti.
L’Agenzia ha cercato di fare chiarezza sulla gestione del ciclo passivo di fatturazione, ovvero sulla gestione delle fatture d’acquisto ricevute dai professionisti.
In particolare, è stato chiarito che, coloro che hanno aderito al regime forfetario (Legge 190/2014, come modificata dalla Legge di bilancio 2019) o al regime di vantaggio (ex regime dei minimi), possono conservare le fatture in modalità analogica anche qualora abbiano richiesto al fornitore di emettere la fattura in formato elettronico con consegna al proprio indirizzo PEC o codice destinatario.
Non è quindi necessario ricorrere alla conservazione sostitutiva come inizialmente era stato affermato dall’Agenzia delle Entrate.
Resta comunque possibile, per il soggetto in regime forfetario o di vantaggio, avvalersi del servizio di conservazione sostitutiva offerto gratuitamente dall’Agenzia.
Divieto di fattura elettronica per i dati da inviare al Sistema Tessera Sanitaria, anche in presenza di opposizione da parte del paziente
Avevamo analizzato in un precedente focus le problematiche emerse a seguito della posizione assunta dal Garante della privacy in merito all’utilizzo della fattura elettronica per le prestazioni di carattere sanitario.
Nello specifico, il Garante della Privacy, attraverso un provvedimento pubblicato lo scorso 20 dicembre, aveva dichiarato: “A prescindere dall’invio dei dati attraverso il Sistema TS, i soggetti che erogano prestazioni sanitarie non devono essere coinvolti nel processo di fatturazione elettronica”.
Inizialmente, il DL 119/2018 (decreto fiscale 2019) aveva stabilito l’esonero dall’obbligo di fatturazione elettronica esclusivamente con riferimento a quelle fatture i cui dati “fossero stati inviati” al Sistema Tessera Sanitaria.
La contrapposizione tra Garante della Privacy ed Agenzia delle Entrate nasceva quindi in relazione alle sole fatture relative a prestazioni sanitarie che, a causa dell’opposizione da parte del paziente all’invio dei dati al Sistema TS, non potevano essere trasmesse al Sistema.
In tal caso, sulla base delle disposizioni contenute nel DL 119/2018, l’Agenzia delle Entrate prevedeva comunque l’obbligo di utilizzo della fattura elettronica e di invio della stessa attraverso il Sistema di interscambio, contravvenendo quindi al divieto assoluto posto dal Garante della Privacy in relazione alle fatture inerenti a prestazioni sanitarie.
Da un’attenta lettura della legge di bilancio 2019, approvata lo scorso 30 dicembre, si evince come il legislatore abbia voluto superare tale impasse prevedendo, all’art. 1 comma 53, che per l’anno 2019 sia vietata l’emissione di fatture in formato elettronico se i relativi dati “sono da inviare” al Sistema Tessera Sanitaria.
La nuova formulazione della norma prevedendo, da un lato, il divieto (e non più il semplice esonero) all’invio delle fatture e, dall’altro lato, il riferimento alle fatture i cui dati “sono da inviare” e non più “sono inviati” al Sistema Tessera Sanitaria, sembra quindi richiedere che la fattura venga emessa in formato cartaceo tutte le volte in cui i dati della fattura siano inviabili al Sistema TS, indipendentemente dalla circostanza che l’invio sia poi avvenuto o meno.
Quindi, la prestazione sanitaria erogata dal professionista nei confronti del paziente dovrà essere documentata da fattura cartacea anche nel caso in cui il paziente abbia formulato la sua opposizione all’invio dei dati al Sistema TS.
Sono state in tal modo accolte le indicazioni fornite dal Garante della Privacy.
Il professionista, quindi, prima di emettere una fattura, al fine di verificare se la stessa debba essere emessa in formato elettronico o in formato cartaceo, dovrà analizzare con attenzione la natura dell’operazione posta in essere.
Si ricorda, in ultimo, che i contribuenti forfettari ed i contribuenti minimi sono esonerati dall’obbligo di fattura elettronica, indipendentemente dalla natura sanitaria o meno della prestazione. Rimane comunque l’obbligo di invio dei dati al Sistema Tessera Sanitaria.
Chiarimenti del commercialista su fatturazione elettronica
Con l’inizio del nuovo anno è ufficialmente entrata in vigore la tanto discussa fatturazione elettronica per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti in Italia.
Non tutti i titolari di partita Iva saranno coinvolti dal nuovo adempimento, anche alla luce delle ultime disposizioni che ne hanno ulteriormente delimitato il perimetro di applicazione.
Ai contribuenti che hanno adottato il regime dei minimi o il regime forfetario, già inizialmente esclusi, si sono infatti aggiunte le associazioni sportive dilettantistiche e gli altri soggetti che hanno esercitato l’opzione per il regime agevolato previsto dalla legge 398/91 e che non hanno conseguito nell’anno precedente proventi derivanti dall’attività commerciale superiori ad Euro 65.000.
Le legge di bilancio 2019, approvata lo scorso 30 dicembre, modificando alcune disposizioni contenute nel precedente DL 119/2018 (Decreto fiscale 2019), ha apportato ulteriori novità in tema di fatturazione elettronica.
Vediamo qui di seguito le principali novità ed i punti ancora da chiarire.
1) Mancata emissione della fattura elettronica per le prestazioni sanitarie i cui dati sono inviati al Sistema Tessera Sanitaria
Con un provvedimento emanato lo scorso mese di novembre, il Garante della Privacy aveva ampiamente bocciato il sistema di fatturazione elettronica realizzato dall’Agenzia delle Entrate, in quanto ritenuto non in linea con le norme del regolamento UE sulla protezione dei dati personali.
In un successivo provvedimento pubblicato in data 20 dicembre, il Garante è ritornando sull’argomento ribadendo che “l’Agenzia delle Entrate deve limitarsi a memorizzare i soli dati che le sono necessari per effettuare i controlli automatizzati, escludendo la registrazione della descrizione del bene ceduto o del servizio prestato. A prescindere dall’invio dei dati attraverso il sistema TS, i soggetti che erogano prestazioni sanitarie non devono essere coinvolti nel processo di fatturazione elettronica”.
Alla luce dell’ulteriore presa di posizione da parte del Garante della Privacy, la Legge di bilancio 2019 ha modificato parzialmente la normativa in tema di fatturazione elettronica, stabilendo che non possono essere emesse fatture elettroniche con riferimento alle prestazioni sanitarie i cui dati sono trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria.
Quindi, alla luce delle ultime previsioni normative, tutti gli operatori sanitari (compresi gli psicologi) non dovranno provvedere all’emissione della fattura elettronica con riferimento alle prestazioni di carattere sanitario i cui dati vengono trasmessi al Sistema TS. Viene quindi chiarito che l’emissione della fattura elettronica in riferimento a tali prestazioni non è facoltativa, come inizialmente si era vociferato, ma è del tutto vietata.
Al contrario, sempre secondo l’attuale dettato normativo, i professionisti saranno obbligati all’emissione della fattura elettronica sia con riferimento alle prestazioni di carattere non sanitario, sia con riferimento alle prestazioni di carattere sanitario i cui dati non vengono trasmessi al Sistema TS a seguito dell’opposizione espressa dal paziente.
Si è quindi in presenza di due pareri del tutto contrastanti. Da un lato, il Garante della Privacy ha ingiunto l’Agenzia delle Entrate affinchè fornisca idonee istruzioni agli operatori sanitari (medici, psicologi, ecc.) affinchè in nessun caso sia trasmessa al Sistema di interscambio una fattura elettronica concernente l’erogazione di una prestazione sanitaria, a prescindere dall’invio dei relativi dati al Sistema Tessera Sanitaria.
Dall’altro lato, invece, l’Agenzia delle Entrate impone ai professionisti l’invio attraverso il Sistema di interscambio delle fatture elettroniche emesse in relazione alle prestazioni sanitarie i cui dati non vengono trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria.
L’Agenzia delle Entrate sta attualmente vagliando diverse soluzioni tecniche da implementare sul Sistema di interscambio, al fine di risolvere le criticità in materia di protezione dei dati personali evidenziate dal Garante della Privacy. In tal modo si potrà procedere con l’invio al Sistema delle fatture elettroniche relative a prestazioni sanitarie senza violare l’attuale normativa sulla privacy.
Tra le principali soluzioni prospettate ci sarebbero:
1. La mancata archiviazione elettronica della fattura in formato integrale e la conservazione dei
soli dati fiscali necessari ai fini dei controlli automatizzati. Verrebbe quindi esclusa
dall’archiviazione informatica la descrizione del servizio erogato o del bene ceduto.
2. La cifratura dei dati che transitano attraverso il Sistema di Interscambio.
Tali soluzioni richiederanno tuttavia un periodo di tempo non brevissimo per poter essere implementate. Ci si chiede quindi se a breve l’Agenzia delle Entrate tornerà sull’argomento prevedendo, almeno fino al necessario adeguamento informatico del Sistema di Interscambio, il divieto assoluto di utilizzo della fattura elettronica con riferimento a qualsiasi prestazione di carattere sanitario.
A livello operativo, considerata l’attuale incertezza normativa, con riferimento alle fatture elettroniche relative a prestazioni sanitarie (emesse a seguito di opposizione da parte del paziente all’invio dei dati al Sistema TS), si consiglia, per il momento, di non procedere al loro invio al Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate.
Per il primo semestre 2019 è infatti prevista la non applicazione di sanzioni qualora la fattura venga inviata oltre il termine previsto di 10 giorni dalla data di effettuazione dell’operazione (data di incasso del corrispettivo), ma comunque entro la data di liquidazione dell’Iva. Nella peggiore delle ipotesi, in caso di contribuente con liquidazioni iva mensili, si avrebbe quindi tempo fino al prossimo 15 febbraio per l’invio delle fatture elettroniche emesse nel mese di gennaio. Si spera che prima di tale data l’Agenzia delle Entrate possa fornire gli opportuni chiarimenti in materia.
Si ricorda in ultimo che non è più necessario avere una numerazione distinta tra le fatture emesse in formato cartaceo e le fatture emesse in formato elettronico. Nell’ambito della prassi amministrativa precedente, l’utilizzo di distinte serie di numerazione per le fatture analogiche e per quelle elettroniche era stata assunta come condizione necessaria al fine di rispettare la disciplina in tema di conservazione
elettronica delle fatture.
In seguito all’entrata in vigore del DM 17 giugno 2014, i precedenti chiarimenti di prassi devono ritenersi superati. Le nuove disposizioni, infatti, non prevedono specifici vincoli legati alla coesistenza di processi di conservazione differenti (elettronica e tradizionale).
2) Ricezione delle fatture elettroniche passive
Tutti i professionisti titolari di partita Iva che non hanno adottato uno dei due regime fiscali agevolati oggi esistenti (regime dei minimi – regime forfettario), indipendentemente dal fatto che emettano o non emettano fatture elettroniche, perché magari svolgono solo attività di carattere sanitario i cui dati vengono inviati al Sistema TS, dovranno comunque attrezzarsi per la ricezione delle fatture
elettroniche passive emesse dai propri fornitori.
Per fare questo, ricordo che è necessario comunicare all’Agenzia delle Entrate il proprio indirizzo telematico (indirizzo di posta elettronica certificata o codice destinatario) ed è opportuno optare per la conservazione sostitutiva automatica da parte dell’Agenzia. Per le procedure tecniche vi rimando all’apposito focus pubblicato sul sito dell’Ordine nel mese di dicembre.
3) Applicazione della marca da bollo sulle fatture elettroniche
Con un comunicato stampa diffuso nella giornata dello scorso 28 dicembre, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha dato atto della firma, da parte del titolare del dicastero, di un decreto volto a semplificare il pagamento del bollo sulle fatture elettroniche che transitano attraverso il Sistema di interscambio.
In particolare, l’assolvimento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche emesse a partire dal 1 gennaio 2019 dovrà avvenire:
1. Con modalità esclusivamente telematica, mediante modello F24;
2. In un’unica soluzione per tutte le fatture emesse nell’anno;
3. Entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio.
Nel corpo della e-fattura è infatti presente la sezione “Dati bollo”, all’interno della quale sono contenuti i campi “Bollo virtuale” e “Importo bollo”. L’Agenzia delle Entrate avrà quindi la possibilità di conoscere l’importo dell’imposta dovuta su ciascuna fattura emessa dal professionista, sulla base dei dati contenuti nel documento elettronico.
Con il decreto firmato in data 28 dicembre viene inoltre prevista l’istituzione di un apposito servizio che consentirà agli operatori IVA di pagare l’imposta di bollo con addebito diretto sul proprio conto corrente bancario o postale, o attraverso l’utilizzo di un modello F24 che verrà predisposto dalla stessa Agenzia delle Entrate.
Sulla copia cartacea della fattura elettronica (che per legge deve essere consegnata al privato cittadino non titolare di partita Iva) dovrà essere riportata la seguente dicitura “Imposta di bollo assolta virtualmente ai sensi del DM 17.6.2014”.
Al contrario, sulle fatture relative a prestazioni sanitarie che continueranno ed essere emesse in formato cartaceo (in quanto i relativi dati sono trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria), la marca da bollo continuerà ad essere materialmente apposta sulla copia cartacea della fattura consegnata al cliente/paziente.
4) Contribuenti minimi e Contribuenti forfetari
Con riferimento ai nuovi obblighi di fatturazione elettronica, si ricorda che i contribuenti forfetari ed i contribuenti minimi sono esclusi dall’obbligo di emissione della fattura elettronica, sia con riferimento alle prestazioni di carattere sanitario (trasmesse o non trasmesse al Sistema Tessera Sanitaria), sia con riferimento alle prestazioni di carattere non sanitario. I professionisti che hanno adottato il regime dei
minimi o il regime forfetario potranno quindi continuare ad emettere le fatture in formato cartaceo.
Inoltre, nell’ambito del videoforum organizzato dal quotidiano Italia Oggi nella giornata del 15 novembre scorso, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per i contribuenti forfetari sussiste l’obbligo di conservazione elettronica delle fatture d’acquisto solo nel caso in cui costoro comunichino al loro fornitore il proprio indirizzo telematico (PEC o codice destinatario).
Qualora il professionista non comunichi il proprio indirizzo telematico al fornitore, quest’ultimo dovrà trattarlo come un privato cittadino, inserendo nel campo “codice destinatario” dell’eventuale fattura elettronica emessa la sequenza di sette zeri (0000000) prevista per i privati cittadini, e dovrà consegnargli una copia cartacea del documento.
A riguardo si segnala che la Fondazione Nazionale Commercialisti ha sollecitato uno specifico chiarimento all’Agenzia delle Entrate. Potrebbe infatti accadere che il Fornitore acquisisca autonomamente dal registro pubblico INIPEC l’indirizzo di posta elettronica certificata del professionista. Inserendo tale indirizzo in fattura, il professionista in regime forfettario o in regime dei minimi sarebbe
inconsapevolmente obbligato alla conservazione sostitutiva del documento.
Si ricorda comunque che rimangono invariate anche per i contribuenti forfetari e per i contribuenti minimi le specifiche regole di fatturazione elettronica già in vigore dall’anno 2015 per le prestazioni erogata in favore delle Pubbliche Amministrazioni.
Leggi tuttoSoglia dei ricavi/compensi per l’accesso al Regime Forfetario
In data 30 dicembre 2018 il Parlamento ha definitivamente approvato la Legge di Bilancio 2019.
I commi 9-11 dell’art. 1 della nuova Legge ridefiniscono l’ambito di applicazione del regime forfetario (introdotto dalla legge 190/2014) sotto tre direttive:
- Viene ampliata la soglia unica di ricavi/compensi percepiti;
- Sono rimosse le precedenti soglie connesse al sostenimento di spese per lavoro dipendenti e beni strumentali, le quali, a partire dal prossimo 1° gennaio 2019, non devono più essere considerate al fine dell’accesso e della permanenza all’interno del regime agevolato;
- Vengono riformulate le cause ostative all’adozione del regime agevolato connesse al possesso di partecipazioni societarie ed allo svolgimento (attuale o passato) di attività di lavoro dipendente.
Nuova soglia Unica dei ricavi
Alla luce della novità apportate dalla legge di bilancio 2019, per accedere al regime forfettario i ricavi ed i compensi derivanti dall’attività di lavoro autonomo non devono superare, nell’anno precedente, la soglia di Euro 65.000. Nella precedente versione del regime il limite massimo dei ricavi e compensi era fissato in Euro 30.000. Ai fini del computo della soglia:
- Va applicato il criterio di determinazione del reddito (competenza/cassa) previsto dal regime fiscale e contabile adottato nel periodo d’imposta precedente;
- Va applicato il ragguaglio ad anno in caso di inizio dell’attività in corso d’anno;
- Non rilevano i maggiori ricavi o compensi da adeguamento agli indici sintetici di affidabilità fiscale (nuovi studi di settore);
- Nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici ATECO, si assume la somma dei ricavi e dei compensi in relazione alle diverse attività esercitate.
In linea generale, la nuova soglia di Euro 65.000 va verificata, dal 1° gennaio 2019, rispetto a quanto “incassato” nell’anno precedente. Tale criterio opera sia in caso di primo accesso al regime, sia in caso di verifica della permanenza per l’anno 2019. Così, ad esempio, il professionista che nell’anno 2018 abbia percepito compensi per Euro 40.000 può continuare ad applicare il regime forfetario nel successivo anno 2019, perché al di sotto della nuova soglia di Euro 65.000 (benchè per l’anno 2018 abbia superato il limite di compensi di Euro 10.000).
Rimozione delle precedenti soglie connesse al sostenimento di spese per lavoro dipendente e per beni strumentali
La legge 190/2014, istitutiva del regime forfettario, aveva previsto due specifiche soglie che impedivano l’accesso al regime forfetario:
1. Possesso di uno stock di beni strumentali alla data del 31 dicembre dell’anno precedente superiore ad Euro 20.000;
2. Sostenimento nell’anno di spese per lavoro dipendente superiori ad Euro 5.000 lordi.
La legge di bilancio 2019 ha cancellato tali soglie. Quindi, a livello teorico, a partire dall’esercizio 2019 il contribuente forfetario può avere del personale alle proprie dipendenze e può essere dotato di beni strumentali di rilevante valore.
Riformulazione delle cause ostative all’adozione del regime
Quanto alle riformulate cause ostative, a decorrere dal 1° gennaio 2019 non possono utilizzare il regime forfetario per l’attività di lavoro autonomo i soggetti che:
- Contemporaneamente all’attività professionale, possiedono una partecipazione in società di persone, associazioni professionali o imprese familiari, oppure che controllano (direttamente o indirettamente) una Società a responsabilità limitata o un’associazione in partecipazioni, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dal professionista. Quindi, la partecipazione in una Società a responsabilità limitata, preclude l’utilizzo del regime forfetario solo al ricorrere di una duplice condizione:
a) La partecipazione deve essere tale da permettere, direttamente o indirettamente, il controllo della Società;
b) La Società deve operare in realtà economiche riconducibili a quelle in cui opera la persona fisica in regime forfetario;
- Svolgono l’attività professionale autonoma con partita Iva, prevalentemente nei confronti di datori di lavoro (o di soggetti direttamente o indirettamente ad essi riconducibili), con i quali sono in corso rapporti di lavoro dipendente, oppure erano intercorsi rapporti di lavoro dipendente nei due precedenti periodi d’imposta. La previsione è volta ad evitare che i rapporti di lavoro dipendente vengano trasformati in lavoro autonomo per sfruttare gli indubbi vantaggi fiscali derivanti dall’adozione del regime forfetario.
Disciplina invariata rispetto al passato
Non viene invece in alcun modo toccata dalla Legge di Bilancio 2019 la restante disciplina del regime
forfetario, quale:
- Determinazione del reddito professionale in misura forfettaria, secondo specifiche percentuali di forfetizzazione (78% per il professionista esercente l’attività di psicologo);
- Applicazione al reddito determinato forfetariamente dell’imposta sostitutiva del 15% (5% per i primi cinque anni di attività), in sostituzione della tradizionale IRPEF;
- Esclusione dall’IVA per tutte le prestazioni erogate in vigenza del regime (indipendentemente dalla natura della prestazione, sia essa sanitaria o non sanitaria);
- Semplificazione degli adempimenti fiscali e contabili;
Fatturazione elettronica per i contribuenti forfetari
Con riferimento ai nuovi obblighi di fatturazione elettronica, si ricorda che i contribuenti forfetari sono esclusi dall’obbligo di emissione della fattura elettronica, sia con riferimento alle prestazioni di carattere sanitario (trasmesse o non trasmesse al Sistema Tessera Sanitaria), sia con riferimento alle prestazioni di carattere non sanitario. I contribuenti forfetari potranno quindi continuare ad emettere le fatture in formato cartaceo. Inoltre, nell’ambito del videoforum organizzato dal quotidiano Italia Oggi nella giornata del 15 novembre scorso, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per i contribuenti forfetari sussiste l’obbligo di conservazione elettronica delle fatture d’acquisto solo nel caso in cui costoro comunichino al loro fornitore il proprio indirizzo telematico (PEC o codice destinatario). Qualora il professionista non comunichi il proprio indirizzo telematico al fornitore, quest’ultimo dovrà trattarlo come un privato cittadino, inserendo nel campo “codice destinatario” della fattura emessa la sequenza di sette zeri (0000000) prevista per i privati cittadini e consegnandogli una copia cartacea del documento.
A riguardo si segnala che la Fondazione Nazionale Commercialisti ha sollecitato uno specifico chiarimento all’Agenzia delle Entrate. Potrebbe infatti accadere che il Fornitore acquisisca autonomamente dal registro pubblico INIPEC l’indirizzo di posta elettronica certificata del professionista. Inserendo tale indirizzo in fattura, il professionista in regime forfettario sarebbe inconsapevolmente obbligato alla conservazione sostitutiva del documento.
Si ricorda comunque che rimangono invariate anche per i contribuenti forfetari le specifiche regole di fatturazione elettronica già in vigore dall’anno 2015 per le Pubbliche Amministrazioni.
Le modifiche apportate al regime forfetario decorrono dal 1° gennaio 2019. Pertanto, le stesse devono essere considerate in occasione del primo accesso al regime nel 2019, oppure per verificarne la permanenza per i soggetti che già lo applicavano nel 2018.
Leggi tuttoFatturazione elettronica: ultime news
In relazione alla fatturazione elettronica, ecco le ultime news:
– l’obbligo è definitivamente approvato a partire dal 1° gennaio 2019.
– sono esclusi i professionisti in regime forfettario e di vantaggio (ex contribuenti minimi). L’Agenzia delle Entrate ha inoltre chiarito che, coloro i quali adottato uno di questi due regimi agevolati, hanno il diritto di ricevere le fatture passive in formato cartaceo, senza alcun obbligo di conservazione sostitutiva delle stesse.
– per i professionisti in regime ordinario sono escluse dall’obbligo di fatturazione elettronica le fatture emesse a fronte di prestazioni di carattere sanitari
– per i professionisti in regime ordinario dovranno necessariamente essere elettroniche tutte le fatture di natura non sanitaria
– i professionisti in regime ordinario riceveranno le fatture passive esclusivamente in formato elettronico. Dovranno quindi munirsi di uno specifico software per la ricezione, lettura e conservazione sostitutiva delle stesse.
Per l’emissione e la ricezione delle fatture è necessario:
– il possesso di un’indirizzo PEC, peraltro già da tempo obbligatorio, e attivabile sul sito CNOP (servizio pagato annualmente da OPP)
– l’utilizzo di un software idoneo. Per la scelta del software, è possibile scegliere tra varie opzioni sul mercato, oppure far riferimento a quelli, messi a disposizione gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate.
Mano a mano che si andranno definendo le questioni, invieremo altre notizie.
Leggi tuttoParere sul percorso di autorizzazione ed accreditamento, circa la figura dello psicologo in organico nelle S.R.P.
In riferimento alle DGR 30-1517/2015 e successive integrazioni e modifiche: 29-3944 del 19/09/2016, e 41-6886 del 18.5.2018
Codesto Ordine si pregia di voler fornire un parere circa le normative in oggetto, in particolare sulla loro corretta applicazione, in ordine al processo avviato di Autorizzazione ed Accreditamento.
Le ragioni che ci inducono alla seguente pronuncia si sostanziano nelle seguenti motivazioni:
- come Ordine abbiamo dialogato con gli Assessorati di competenza, alla integrazione delle suddette norme, in particolare per quello che ci riguarda, ossia la possibilità che la figura dello psicologo non fosse esclusa, ridotta o mortificata in questo nuovo assetto normativo;
- molti degli iscritti al nostro Ordine lavorano nelle Strutture Residenziali Psichiatriche a vario titolo, e ci giunge una forte preoccupazione unita ad un certo disorientamento circa le possibilità occupazionali nel prossimo futuro;
- con il dispiegarsi del processo di Autorizzazione ed Accreditamento inoltre, ci giungono segnalazioni di notevoli difformità nella applicazione della griglia di valutazione Regionale, ad opera delle Commissioni di Vigilanza; in particolare circa le norme che riguardano la presenza dello psicologo negli organici delle S.R.P.
Ciò detto, ci permettiamo di riassumere brevemente il percorso legislativo dispiegatosi negli ultimi anni, prima di formulare un parere in nome e per conto dei colleghi che qui rappresentiamo.
Con gradi di approssimazione e modifica il perno della questione è la possibilità che gli psicologi operino ancora nella Residenzialità Psichiatrica come richiamato nella DGR 29 pag. 21 allegato B punto 9 e (4° e 5° capoverso). Nella norma si afferma che “Per consentire lo svolgimento di attività di tipo riabilitativo, quali psicoeducazione, riabilitazione cognitiva, ecc., fino a un massimo del 30% del monte ore previsto per Educatore/Tecnico della riabilitazione potrà essere garantito da personale con titolo di psicologo”
Sempre nella stessa DGR si afferma in più paragrafi, relativi ai requisiti per autorizzazione ed accreditamento, anche che “Per motivate esigenze di assistenza, nell’ambito del monte ore delle seguenti figure professionali: infermieri, educatori/tecnici della riabilitazione, OSS, è possibile ridistribuire fino al 30% delle ore complessive all’interno del monte ore delle stesse categorie”
Già a questo punto sorge un legittimo dubbio, ossia se queste quote siano sovrapponibili o meno. Lo psicologo ammesso a coprire il 30% delle ore delle figure su indicate, può collocarsi per “motivate esigenze di assistenza” anche nella seconda?
Nella DGR 41 allegato B con particolare riferimento alle Strutture SRP3 in più si afferma che si auspica un “Rafforzamento della funzione riabilitativa delle SRP 3, prevedendo, anche a titolo sperimentale, che il monte ore attualmente definito per educatori o tecnici della riabilitazione psichiatrica possa essere coperto anche “integralmente” da personale con il titolo di psicologo/psicoterapeuta, oltre il limite ordinario di flessibilità già riconosciuto a regime nella misura del 30%.”
Ad ampliare e complessificare il campo nell’ allegato A, pag. 3, della predetta norma si afferma che “Quanto stabilito nella D.G.R. n. 29-3944/2019 e s.m.i., Allegato B, punto 9 “Figure professionali”, terzultimo capoverso, è sostituito come segue: “Inoltre, al fine di valorizzare le esperienze acquisite, in fase di prima applicazione del presente provvedimento gli operatori non in possesso dei titoli sopraelencati ai punti da 1 a 8 e non in possesso di titolo di Operatore socio-sanitario (OSS), possono contribuire al raggiungimento del monte orario previsto nei requisiti gestionali definiti dal presente provvedimento per le figure professionali OSS, purché alla data del 19.9.2016 abbiano avuto i seguenti requisiti:
– già in servizio presso la struttura residenziale,
– in possesso del titolo professionale regionale di Operatore tecnico di Assistenza (OTA) oppure di quello di Assistente domiciliare e dei Servizi Tutelari (ADEST) oppure di altri titoli di studio o profili professionali di livello pari o superiore afferenti all’area sanitaria o socio-sanitaria;
– in possesso di una certificazione rilasciata dal datore/i di lavoro che attesti un’esperienza in tali strutture di almeno due anni nel supporto alle funzioni previste dalla normativa vigente per il profilo professionale dell’OSS (rif. Accordo Stato-Regioni del 22.2.2001). In fase di prima applicazione e limitatamente alla durata della fase transitoria, gli altri operatori possono contribuire al raggiungimento del monte orario previsto nei requisiti gestionali definiti dal presente provvedimento per le figure professionali OSS, a condizione che alla data del 19.9.2016 abbiano avuto i seguenti requisiti:
– già in servizio presso la struttura residenziale;
– in possesso di una certificazione rilasciata dal datore/i di lavoro che attesti un’esperienza in tali strutture di almeno due anni nel supporto/ausilio alle funzioni previste dalla normativa vigente per il profilo professionale dell’OSS. Rispetto a tali operatori, i soggetti gestori delle relative strutture in cui svolgono la loro attività dichiarano, nell’ambito dell’istanza di autorizzazione all’esercizio e di accreditamento, l’impegno ad garantire, entro il termine della fase transitoria stabilito in data 8.9.2020, la presenza di personale qualificato secondo le modalità che verranno definite a livello regionale, anche attraverso il riconoscimento di crediti formativi”.
A conclusione nel succitato Allegato A si fa riferimento anche ai cambiamenti legislativi a livello nazionale “Per tutto quanto non citato nel presente provvedimento, si richiama quanto previsto dalla D.G.R. n.29-3944/2016 e s.m.i., Allegato B riguardo alle figure professionali, nel rispetto delle novità legislative nel frattempo intervenute, con particolare riferimento alla L. n. 3 dell’11.1.2018, artt. 6 e segg., in materia di riordino delle professioni sanitarie”
In questo caso si fa riferimento alla cosiddetta Legge IORI che intervenendo sulla figura degli educatori senza titolo, stabilisce una fase transitoria che delinea la possibilità di acquisire una qualifica se in possesso di determinati requisiti. Questo a maggior ragione vale per gli psicologi che ad oggi si trovano a lavorare come educatori.
In considerazione di quanto sopra, ed in virtù dei compiti e doveri di un Ordine, in questa fase transitoria, ove la discrezionalità e la confusione, possono recare danno ed essere di intralcio allo sviluppo delle norme in oggetto, esprimiamo il seguente parere rivolto ai Dipartimenti di Salute Mentale, alle Commissioni di Vigilanza delle ASL ed infine agli organi Regionali di riferimento.
Al fine di:
- tutelare l’iter normativo Regionale in atto, specie nella sua fase transitoria;
- evitare ricorsi o atti illeciti rispetto alle normative nazionali in fase di attuazione e definizione;
- tutelare il lavoro dei nostri iscritti;
- tutelare la continuità assistenziale, prevista ma non ben definita, soggetta cioè alla discrezionalità delle Commissioni di Vigilanza, rilevata dai nostri iscritti e facilmente documentabile.
Si ritiene utile, in questa fase normativa, applicare alla figura dello psicologo quanto già espresso nella DGR 41 allegato B, ed estendere il suo contenuto dalle SRP3 a tutte le Strutture Residenziali Psichiatriche: prevedendo cioè anche a titolo sperimentale, che il monte ore attualmente definito per educatori o tecnici della riabilitazione psichiatrica possa essere coperto anche “integralmente” da personale con il titolo di psicologo/psicoterapeuta, oltre il limite ordinario di flessibilità già riconosciuto a regime nella misura del 30%.”
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