Psiche e Soma. Presenza e assenza del corpo nel lavoro psicoterapeutico
L’Ordine degli Psicologi del Piemonte ha rivolto un invito alle Scuole di Specializzazione in Psicoterapia piemontesi, per il secondo anno consecutivo, finalizzato alla collaborazione nell’ambito di un programma formativo sul tema “Psiche e soma: presenza e assenza del corpo nel lavoro psicoterapeutico”, da realizzarsi nel 2021.
Il corpo è tra le questioni prioritarie su cui, oggi, la psicoterapia continua a interrogarsi e confrontarsi. La concezione cartesiana, che ha influenzato per secoli il pensiero filosofico, medico e psicologico, ha inteso il corpo come pura estensione (res extensa), la cui struttura e il cui funzionamento sono stati ritenuti del tutto indipendenti da quelli della mente (res cogitans). Lo psicologo e neuroscienziato António Rosa Damásio ha individuato L’errore di Cartesio (1994) nell’avere inteso la mente – accessibile soltanto attraverso l’introspezione e l’autoriflessione – come totalmente autonoma rispetto al corpo. Prima di Damasio, del resto, la preoccupazione per il rapporto tra psiche e soma ha attraversato il pensiero e la prassi psicoterapeutica sin dai suoi inizi e nelle sue molteplici correnti.
La psicoanalisi classica, per esempio, ha introdotto le nozioni di sintomo di conversione, tratto distintivo dell’isteria, e di pulsione, concetto-limite tra lo psichico e il somatico (S. Freud); di fantasia infantile sul corpo materno e di gioco come “via regia” per l’inconscio (M. Klein); e di soma come deposito del ricordo e contenitore di sintomi transitori non pensati (S. Ferenczi).
La psicologia dello sviluppo ha evidenziato l’importanza degli script che si costituiscono a partire dalle prime esperienze di attaccamento, nell’ambito delle quali il contatto corporeo è uno degli elementi imprescindibili (J. Bowlby), individuando nel rapporto contenitore-contenuto (holding) il modello alla base di tutte le relazioni umane (D. Winnicott).
La scuola lacaniana ha considerato il corpo nei suoi differenti registri – reale, immaginario e simbolico –, rilevando la significatività dello sguardo dell’Altro come specchio unificante la propria immagine corporea. L’orientamento reichiano ha ipotizzato una identità funzionale tra tensione corporea e problematica psicologica. La psicologia della Gestalt ha introdotto i “linguaggi segreti” del corpo nella teoria e nella prassi clinica. L’approccio sistemico ha riconosciuto la valenza di tutto ciò che viene espresso attraverso il corpo, le cui informazioni sono utilizzate come “parola e cura”; la terapia familiare, in particolare, ha guardato al corpo come “organo relazionale”, portatore di stili di comunicazione e interazione che si costruiscono col tempo nel contesto familiare.
L’analisi transazionale ha osservato gli stimoli reali che il corpo percepisce nel qui-e-ora dell’ambiente circostante tramite i sensi.
La gruppoanalisi ha fatto risaltare come, anche nella dimensione di gruppo, il corpo rappresenti la nostra apertura al mondo e “parli” di noi, della nostra storia, tramite gesti, posture, tono di voce, sguardi e silenzi che sempre accompagnano il linguaggio verbale.
Caratteristica del modello adleriano, ancora, è ritenere corpo e mente dimensioni di un unico sistema non frazionabile.
Una idea di soggetto “indivisibile” (ἄτομον) che ritroviamo anche nella concezione junghiana di individuum, secondo la quale – al di là dell’attenzione attribuita da Jung al controtransfert somatico – “il corpo è altrettanto metafisico dello spirito”.
Negli anni più recenti, l’estensione del lavoro psicoterapeutico alle gravi psicopatologie e alle prime fasi dello sviluppo ha ulteriormente incentivato il confronto con situazioni traumatiche iscritte nel corpo e, per questo, difficilmente simbolizzabili e “mentalizzabili” (P. Fonagy), se non facendo appello a registri di linguaggio non verbali, anche con l’ausilio di tecniche psico-corporee o espressive (ipnoterapia, psicodramma, danzamovimentoterapia, arteterapia, sandplay therapy, EMDR).
L’esperienza clinica porta quindi la psicoterapia, oggi, a confrontarsi con concetti quali “conoscenze implicite e procedurali”, “memorie emotive”, “inconscio non rimosso”, “setting incarnato”, “enactment”. Tra le concezioni più nuove e sfidanti, vi è in particolare quella di “cognizione incarnata” (L. Shapiro), che prevede che anche le cognizioni superiori, che comportano un maggior grado di astrazione, siano incarnate (embodied) in quanto elaborazioni di esperienze corporee.
Le ricadute di questi studi sul pensiero e sulla prassi psicoterapeutica sono molteplici. La prima è l’idea che il “mentale” non sia necessariamente consapevole: anzi, molta parte di esso appare inconsapevole. La seconda, che rimanda al concetto di “mente estesa” (G. Bateson), è l’idea che la conoscenza non consista soltanto di processi interni al corpo, ma anche di processi esterni a esso, basati sulle sue capacità sensoriali e motorie: processi che hanno luogo nell’ambiente e che cooperano con quelli interni al corpo, formando con essi un sistema integrato. La terza è l’idea che il “mentale” risulti strettamente interconnesso con l’affettività: le neuroscienze, in particolare, hanno sottolineato il ruolo della componente somatica nell’origine delle emozioni, della coscienza e dell’empatia (G. Rizzolatti, V. Gallese), proponendo un superamento delle classiche dicotomie cognizione/emozione e mente/corpo e, diversamente da queste, una visione del funzionamento psichico nei termini di una “mente incarnata” (F. J. Varela, E. Thompson, E. Rosch).
Come è stato messo in luce nell’ambito del precedente ciclo seminariale, “La psicoterapia nell’era digitale: implicazioni, trasformazioni, prospettive” (2020), il repentino spostamento online di molta dell’attività clinica ha imposto alla psicoterapia di ripensare tempi e spazi, regole e setting, strumenti e tecniche. In questo transito rapido e, per molti di noi, inedito, che destino ha avuto il corpo? Come si è tradotta la virtualizzazione del corpo nella transizione dal setting in presenza al setting a distanza? Quali implicazioni ha avuto l’assenza di uno spazio fisico condiviso per contenere l’espressività del corpo nel passaggio al registro telefonico e telematico? Cosa ha comportato o cosa comporterà, in termini transferali, il ritorno a un rapporto clinico in presenza? Come si è tradotto, somaticamente, il trauma della pandemia nell’esperienza dei pazienti e, anche, degli stessi psicoterapeuti? Il nostro corpo documenta le trasformazioni della sofferenza nell’epoca attuale e, se sì, come? E, infine, come possono le nuove acquisizioni neuropsicologiche e cliniche sul rapporto mente/corpo informare la prassi psicoterapeutica attuale e del futuro?
Per rispondere a questi e ad altri interrogativi, orientati dal tema di fondo della presenza e dell’assenza del corpo – l’“Altro metapsicologico” (P.-L. Assoun) – nel lavoro clinico, l’Ordine degli Psicologi del Piemonte e le Scuole di Specializzazione in Psicoterapia piemontesi, ciascuna con il proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze, propongono per il 2021 un nuovo percorso di condivisione e approfondimento, articolato in una ricca serie di webinar affidati a ogni Scuola, a favore dell’intera comunità professionale regionale.
L’accesso ai video è riservato alle Iscritte e agli Iscritti all’Albo